mercoledì 29 febbraio 2012

Leonardo Dolera | Arte e Bello


Molti hanno dedicato la propria vita alla riflessione o alla produzione del bello o di cose belle.
Io qui parlerò di alcune riflessioni dunque da un punto di vista filosofico e non dal punto di vista artistico, riguardante la produzione del bello.
Mascherata nelle parole che ho appena scritto c’è l’unione di arte e bellezza ovvero l’idea che l’arte produca per sua essenza, bellezza. Questo non è affatto scontato e il rapporto fra questi due concetti è un rapporto molto stretto ma storico, ossia mutevole nel corso del pensiero umano occidentale.
Nella Grecia antica essi non erano legati strettamente, il
BELLO era molto più connesso al concetto di BUONO e i termini corrispondenti venivano utilizzati molte volte scambievolmente: per un greco del V secolo a.c., ciò che è bello è buono e ciò che è buono è bello. In ogni caso la bellezza di un oggetto ineriva l’essere della cosa, il giudizio di bellezza non concerneva l’artista o i fruitori dell’opera d’arte ma era una caratteristica dell’opera stessa: in Omero e nella tradizione platonica bello è ciò che è LUMINOSO o SPLENDENTE, mentre in quella aristotelica bello è ciò che è MISURATO, PROPORZIONATO, SIMMETRICO.
Policleto, Doriforo
(copia romana da un originale greco in bronzo del 450 a.C. circa)
Le proporzioni rispettano il famoso"Rapporto Aureo"
Museo Archeologico Nazionale

Per quanto riguarda l’arte, non esiste un termine greco che raggruppi quelle attività che oggi chiamiamo artistiche.
Il latino ARS è la traduzione del greco “TECHNE”, ma questo termine indica una qualsiasi attività che procede con abilità verso un fine produttivo: Aristotele lo definisce così: “Ogni arte (“TECHNE”) riguarda la produzione, e il cercare con l’abilità e la teoria come possa prodursi qualcosa […] il cui principio è in chi produce e non in ciò che è prodotto”, (Aristotele, cit. da M. Modica, Che cos’è ‘estetica?, Editori Riuniti,2002.); dunque “TECHNE” risulta indicare un generale “saper fare” lontano da quel particolare “saper fare” che oggi definiamo arte.

Un altro vocabolo greco che richiama il nostro arte è “POIESIS”: Platone nel Simposio definisce con questo termine qualsiasi produzione di qualcosa che passa dal non-essere all’essere (anch’esso troppo vasto per noi moderni), mentre nella sua accezione ristretta, poiesis indica la poesia e la musica (per noi troppo limitato, non vi sono compresi la pittura, la scultura ecc.).
Anche il termine “MOUSIKE” potrebbe riflettere il nostro arte. Esso indica le produzioni protette dalle MUSE, figlie di Zeus e di Mnemosyne (memoria) che presiedevano l’astronomia, retorica, musica, poesia, tragedia, danza. Siamo molto vicini alle attività che noi definiamo artistiche ma fra esse oggi non è compresa l’astronomia mentre lo sono la pittura e la scultura, che non figurano nella “MOUSIKE”.

In generale nel pensiero greco la poesia e la musica sono considerate attività diverse dalle arti figurative e nessuna di esse aveva come scopo essenziale quello di produrre bellezza. La pittura e la scultura avevano in Grecia valore sacrale: esse erano belle ma in un senso “religioso”, sacro (non c’è la RELIGIONE greca ma tutto il mondo sociale e politico è permeato dall’ambito del SACRO).
Per quanto riguarda le arti letterali, anch’esse erano considerate belle ma la loro importanza non consisteva nel produrre cose belle ma nel trasmettere nei cittadini valori positivi (caso a parte è l’ "HISTORIA” il cui scopo è il vero).

Nel medioevo si vengono a separare le attività manuali, volte alla produzione di cose materiali, da quelle degne degli uomini liberi, più alte e veramente artistiche: le prime sono le ARTI MECCANICHE (nautica, edilizia ecc.), le seconde sono le ARTI LIBERALI che si suddividono in TRIVIO (grammatica retorica e dialettica: arti del linguaggio) e QUADRIVIO (astronomia, geometria, aritmetica e musica).
Questo sistema delle arti subisce un cambiamento a partire dalla riflessione umanistica del 1400: la pittura, scultura e architettura, che erano considerate fino ad allora un sottoinsieme dell’ edilizia (arte meccanica) esigono un posto fra le arti liberali. I pittori, scultori e architetti reputano la propria attività, artistica e rivendicano il proprio posto fra gli artisti: fondamento di questa rivendicazione è la scientificità del loro agire, si presentano come artisti in quanto scienziati. Leon Battista Alberti nel suo DE PICTURA (1435) afferma che la pittura è una rappresentazione razionale della natura ed è guidata da un sapere scientifico. Fulcro di questo è naturalmente la prospettiva sulla quale avevano già riflettuto anni prima Ghiberti, Brunnelleschi ed altri ma che con Alberti assume una sistematizzazione matematico scientifica.
Melozzo da Forlì,
 particolare nella Basilica della Santa Casa, Loreto, 1484-1493
Colui che incarna in maniera piena questa nuova figura di artista-scienziato è Leonardo, il quale reputa la tecnica artistica un’unione fra esperienza e conoscenza delle scienze geometriche (geometria, ottica, meccanica).
Leonardo da Vinci, 1510 ca., Codice Atlantico,
Ala battente, Milano, Biblioteca Ambrosiana.
In questo modo si giunge al sistema delle arti che indica Perrault (molto tempo dopo) il quale propone di sostituire il termine “arti liberali” con “belle arti” nelle quali comprende l’eloquenza, la poesia, la musica, la pittura, la scultura, l’architettura, l’ottica e la meccanica.
Un ulteriore scossone a questo sistema di arti-scienze (le quali hanno un rapporto limitato con la bellezza e più stretto con il vero), lo provoca la nascita della scienza moderna: a partire dalla seconda metà del 1600 grazie alle riflessioni di persone come Galileo, Bacone, Cartesio, Newton.
Attraverso il pensiero di questi e di altri, la scienza si differenzia da ogni altro tipo di attività: essa ha un metodo preciso, dimostrabile, non ha bisogno di illuminazioni (come l’arte), è VERA e la propria verità consiste nell’adesione all’esperienza, corroborabile  attraverso l’esperimento; inoltre essa produce un sapere cumulabile dunque è in continuo progresso, migliora sempre. Al contrario l’artista inizia sempre da zero, non produce con un metodo dimostrabile, oggettivo, con regole e calcoli ma ha bisogno di genio e talento. Siamo molto lontani dalla “TECHNE” e dalle arti liberali e dopo questi cicli di riflessioni si arriva al sistema delle arti moderno: nel 1746 Batteaux, nell’opera “Le belle arti ricondotte ad un unico principio”, comprende in esse la poesia, musica, pittura, scultura, danza e il loro compito essenziale è la produzione del bello, di cose belle. Siamo giunti dunque all’unione essenziale di arte e bellezza e su questo sostrato culturale nasce la disciplina filosofica chiamata Estetica. © RIPRODUZIONE RISERVATA

mercoledì 22 febbraio 2012

Fiona Buttigieg | Il Mio Campo


© Fiona Buttigieg - Untitled from the Series "Il Mio Campo" 2006.
Hand Printed Silver Gelatin Print on Ilford fibre-based paper
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All’isola d’Elba, la natura e la semplicità regnano.
L’idea per questa serie mi è venuta quando ero nel mio campo a Val di Piano. C’era il sole e il finocchiello lasciava sua ombra sulla mia gamba.
La forma particolare della pianta mi ha parlato e ho sentito la carezza della sua essenza.
Per creare un fotogramma, ho messo un oggetto, in questo caso un fiore, direttamente sulla carta fotografica e l’ho illuminato nella camera oscura. La sua ombra diventa l’immagine, un pó come una radiografia.
Non c’è né macchina fotografica né pellicola, quindi l’immagine non può essere riprodotta e ogni fotogramma è unico.
Utilizzando questa tecnica, lascio che la natura entri nella camera oscura e che parli con la lingua dell’ombra dei fiori.
Così le mie emozioni ed esperienze sono tradotte in immagini. © RIPRODUZIONE RISERVATA


 © Fiona Buttigieg - Untitled from the Series "Il Mio Campo" 2006.
Hand Printed Silver Gelatin Print on Ilford fibre-based paper
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  © Fiona Buttigieg - Untitled from the Series "Il Mio Campo" 2006.
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mercoledì 15 febbraio 2012

Angela Galli | Perché l’architettura mondiale ha fallito?

Nel 2009 preparai in occasioni di VISIONS 2009 quattro video, il tema era: “Perché l’architettura mondiale ha fallito?”
I video erano una novità perché inauguravano un genere nuovo, quello del saggio artistico. Una narrazione di pochi minuti che contenesse un forte tema  filosofico e nello stesso tempo immagini estetiche in sincronia con il testo. I testi sono miei fuorché My World dove Jinia, una scrittrice franco-indiana, ha messo in chiave poetica tematiche da me suggerite.
Tale genere é da perfezionare ed esplorare. Il mio compito come per altri lavori che svolgo é di partorirlo per la prima volta, metterlo nel mondo. Renderlo possibile.
Infatti come artista cross over, io mi appassiono nello scoprire e mettere in relazione le cose, le idee, le immagini, i concetti. Dopo non provo più interesse. Amo la verticalità e poco l’esplorazione orizzontale. Sarà un caso ma un anno dopo aver partecipato a questo evento sull’architettura, in occasione della Biennale di Architettura del 2010 a Venezia il tema era proprio Natura e/o Cultura e molte idee che avevo lanciato dalle immagini e concetti, erano state esplorate ed ampliate dai partecipanti alla Biennale. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Guarda il video su vimeo


Guarda il video su vimeo

mercoledì 8 febbraio 2012

Marco Barretta | Omaggio a Hervè Guibert

Estratto da Caterina d'Alessandria: una Santa

"Barretta ha scelto di concentrarsi su un interno di stanza, quasi a dare voce e volto al tempo. È infatti sul davanzale della stessa finestra affacciata sulla vastità luminosa del paesaggio, che egli riallestisce nel suo Omaggio a Hervè Guibert, l'immagine di sottile malinconia fermata trent'anni fa in quello stesso luogo tanto amato, dal fotografo francese: l'attimo in cui il vento solleva la tenda spingendola ad avviluppare le rose sul davanzale come in un improvviso, dolce sudario". © RIPRODUZIONE RISERVATA

Susanna Ragionieri, giugno 2011

Marco Barretta, "Omaggio a Hervè Guibert"
Print on Hahnemühle German Etching Paper 360g, 150 cm x 170 cm, Edition of 3
 
Hervè Guibert




REVOIR HERVE GUIBERT
un film de Hervè Le Goff


Visite de l'exposition consacrée à l'œuvre photographique du brillant écrivain disparu en 1991, à l'âge de 36 ans. Un public jeune se presse au dernier jour de l'accrochage pour un salut émouvant aux images d'une vie habitée par une quête inspirée du bonheur. © RIPRODUZIONE RISERVATA

mercoledì 1 febbraio 2012

Andrea Lunghi | Gio Ponti all'Isola d'Elba

Ambienti aperti-coperti. Solari. Mediterranei. Luoghi di libertà spaziale ed espressiva. Il tema della casa al mare, fondamentale negli anni ’30, è stato poi ripreso con vivacità dal dopoguerra agli anni ’60. Questo tema è purtroppo quasi del tutto dimenticato nella progettazione degli ultimi anni. Si preferisce a questo una standardizzazione di unità abitative svincolate dal contesto paesaggistico.


Andrea Lunghi, "Autoctono - Composizione n. III"
silver gelatine print, serie of 1


Quando viene offerto a Gio Ponti di progettare delle piccole case all’Elba, per conto di una società immobiliare inglese, correvano gli anni ’60. L’architetto ha appena finito di costruire il Grattacielo Pirelli a Milano ed è impegnato in numerosi progetti in oriente. Ponti accetta con entusiasmo la proposta:  “piccole case al mare”, un tema antico, ma non un “tema minore”, tanto meno “immobile”, anzi, mutevole e plasmabile a seconda del luogo e delle sensazioni che questo restituisce. Piccoli luoghi dell’”abitare felice”. Il progetto prevede la lottizzazione di una piccola porzione di terreno sul lato occidentale del promontorio di Capo Perla.
Ponti  si reca più volte sul luogo, studiando le viste, le esposizioni e l’architettura storica e spontanea dell’isola.  Restituisce le sue sensazioni in una proposta di dieci villini, un albergo e un ristorante. Ogni costruzione è diversa dall’altra, dalle forme geometriche decise, dagli accenti discreti e rispettosi dell’ambiente e, cosa più importante, è una rielaborazione del linguaggio architettonico isolano in chiave contemporanea, senza abbandonare però quei caratteri architettonici distintivi e personali per cui è noto. Ogni costruzione assume forma diversa, deve inserirsi nell’ambiente in maniera discreta, in punta di piedi, quasi come se le case fossero creature nate spontaneamente nel luogo. Emersioni spontanee. Dei progetti studiati ne vengono realizzati soltanto due: Villa Allungata e Villa Ottagonale.
La prima,  come si può intuire dal nome,  ha una forma schiacciata e lunga;  studiata per essere inserita su porzioni lunghe di terreno. La casa si sviluppa su un unico piano; tutti gli affacci sono studiati in modo che si veda il mare. La seconda, più interessante per la soluzione compositiva, ha pianta geometrica precisa a forma ottagonale e si sviluppa su due livelli: a piano terra la zona giorno, a piano primo la zona notte. Questa è studiata per porzioni di terreno più raccolte.
In entrambe Ponti sottolinea le forme geometriche, creando spigoli vivi. Le aperture sembrano apparentemente collocate in maniera casuale. Questo è dato dal fatto che, internamente, si creano delle prospettive trasversali che permettono di avere una visuale del paesaggio a centottanta gradi;  verso il mare, da ogni ambiente interno. La profondità delle finestre (oggi perduta a causa dell’aggiunta delle persiane), le grate in ferro, la bucciardatura degli intonaci sono tutti elementi che hanno una sicura matrice nelle architetture vernacolari e storiche (torri, fortezze, pievi) isolane. Come le conclusioni dei prospetti; una rielaborazione delle facciate dei casali di campagna elbani.
Tra le ville non realizzate, va ricordato il progetto della casa a torre. Anch’essa ha pianta ottagonale, ma di dimensioni più piccole e si sviluppa su tre piani. Le dimensioni raccolte erano così studiate perché doveva inserirsi nelle piccole radure di pini marittimi.
L’importanza di queste abitazioni sta nel fatto che rappresentano un esempio di approccio sensibile e attento verso un territorio prezioso e delicato. Sono uno sforzo creativo e propositivo in  forma di architettura che vuole parlare con il contesto in cui si trova, non vuole contrapporsi. Un’architettura che non è mai uguale a se stessa perché cerca di dialogare con l’ambiente che,  per natura,  è infinitamente variegato. © RIPRODUZIONE RISERVATA


Andrea Lunghi, "Autoctono - Composizione n. IV"
silver gelatine print, serie of 1



L'articolo a firma di Andrea Lunghi è stato pubblicato sulla testata "Capoliveri Oggi n.7, pag.16" a cura dell'ufficio stampa
del Comune di Capoliveri, Isola d'Elba