mercoledì 25 aprile 2012

Francesca Bontempi | Tavole del Tempo

Poco dopo la morte di mio nonno, sono tornata nella sua casa di campagna ed ho trovato questi oggetti nelle cantine del vigneto.
In un’atmosfera congelata nel tempo ma riscaldata dall’aura del passato, ho sentito la presenza ed importanza di questi utensili artigianali, perfetti nella loro essenzialità e semplice bellezza, che ci narrano delle vita quotidiana e del lavoro nei campi nel 1900.
Nelle loro forme pure e la loro struttura meccanica, e nei loro evidenti segni del tempo e dell’usura, mi sono apparsi come i testimoni dell’integrità, dell’autenticità e della poesia di una vita vissuta in armonia con la terra e con i valori essenziali della vita.
Mi rimandano ad un passato irripetibile e mi ricollegano alle origini della mia famiglia,  ricordandomi da dove provengo e quali sono i principi che guidano la mia vita.
Le “Tavole del Tempo” sono uno sguardo rivolto al secolo scorso e costituiscono la memoria storica che ci ricorda da dove veniamo e la centralità della storia e del passato nel ciclo evolutivo dell’essere umano. © RIPRODUZIONE RISERVATA


Francesca Bontempi - Time Table # 1

Francesca Bontempi - Time Table # 3

Francesca Bontempi - Time Table # 5
Francesca Bontempi - Time Table # 7
Francesca Bontempi - Time Table # 13



Francesca Bontempi è nata a Roma nel 1977.
Si forma come fotografa presso la Scuola Romana di Fotografia di Roma diplomandosi dopo un master triennale di fotografia professionale e si laurea in cinema e fotografia presso la Facoltà di Arti e Scienze dello Spettacolo dell’Università La Sapienza di Roma, con una tesi in Storia della Fotografia su “William Eggleston e il Perturbante Americano”.
Viene selezionata e partecipa al Progetto “Focus on Monferrato” con il fotografo Stanley Green, per il Progetto “Senigallia città della Fotografia” con il fotografo Gianni Berengo Gardin, per il CineCampus 2010, nell'ambito del Festival Internazionale del Film di Roma.
Ha lavorato per il FotoFest, Biennale di Fotografia di Houston, per il NyPhotoFestival, Festival di Fotografia di New York, per lo Studio di Marco Delogu, la Casa Editrice Punctum, per il Festival Internazionale di Fotografia di Roma Fotografia, la Fondazione Vodafone Italia, L'Ente Eur, e altri committenti nazionali ed internazionali.
Dal 2008 insegna Fotografia presso diversi istituti culturali a Roma.
Le sue fotografie sono state esposte a livello nazionale ed internazionale e sono contenute in collezioni pubbliche e private, tra cui l'Harry Ransom Center di Austin, il  Musinf di Senigallia, il Vermont Photography Workplace. www.francescabontempi.com


giovedì 19 aprile 2012

Leonardo Dolera | Nascita dell'Estetica

Alexander Gottlieb Baumgarten, Prima pagina de l' Aesthetica, 1750

Come descritto nel precedente articolo, l’Estetica come disciplina filosofica nasce in un momento del pensiero umano che riconosce come compito essenziale dell’arte, la produzione della bellezza.
Il termine estetica viene coniato nel 1735 dal filosofo Baumgarden che lo deriva dal greco “AISTESIS” che indica la conoscenza attraverso i sensi, sensibile appunto.
Egli reputa il bello il punto più alto di conoscenza sensibile e l’estetica, la scienza della conoscenza sensibile. Cerchiamo di chiarire.
Cartesio indica nelle idee chiare e distinte l’unico oggetto di conoscenza per la filosofia e la scienza. Leibniz sviluppa e chiarisce questi concetti: vi sono idee CHIARE o OSCURE e il criterio di distinzione fra loro è la riconoscibilità; per esempio quando vedo o penso ad un oggetto e riesco a delinearne in modo preciso i confini, se lo colgo nella propria unità, io lo riconosco e dunque l’idea è CHIARA; al contrario, in assenza di confini precisi siamo davanti ad una rappresentazione OSCURA: per esempio se io sento un disagio, non riesco a riconoscerlo, a delimitarlo.
Un’idea chiara può essere distinta, se sono chiari anche gli elementi interni che la compongono, o confusa, quando i fattori che la costituiscono sono appunto confusi, ovvero fusi con, fusi insieme e dunque non si riesce a riconoscerli; ad esempio se vedo una cascata, la riconosco dunque è una rappresentazione chiara ma non riesco a cogliere le singole gocce d’acqua e dunque è un idea chiara e confusa.
Le idee chiare e distinte sono RAZIONALI e per Cartesio solo queste sono passibili di conoscenza. Le idee chiare e confuse sono SENSIBILI e per Baumgarden anch’esse sono oggetto di conoscenza.
La chiarezza delle idee razionali è INTENSIVA ossia analitica, attraverso calcoli e regole io posso spiegare l’idea; per esempio l’oro, con le proprie caratteristiche di durezza, colore peso ecc. La chiarezza delle idee sensibili è ESTENSIVA e raggiungibile non con calcoli ma mediante metafore, esempi, rappresentazioni visive ecc.
La scienza che si occupa delle idee razionali è la LOGICA, quella che si occupa delle idee sensibili è l’ ESTETICA.
Baumgarden chiarisce che nella rappresentazione confusa, non c’è confusione in senso negativo ma l’idea è pur sempre chiara, dunque perfetta e ordinata nel suo insieme. Più che confusa, è indistinta e non è composta da unità separate ma da un confluire di elementi che interagiscono fra loro. La comprensione di queste interazioni, di questo confluire si manifesta in maniera esemplare nell’esperienza artistica e ciò che è bello rappresenta il grado massimo di questa conoscenza sensibile, di questo confluire di elementi indistinti che costituiscono una rappresentazione.
In questo senso il bello rappresenta la perfezione della conoscenza sensibile, esso promuove quella chiarezza estensiva che è propria dell’esperienza; dunque l’arte promuove la chiarezza dell’esperienza attraverso il bello e l’Estetica viene ad essere la scienza della conoscenza sensibile.
Questa è solo la nascita di quella disciplina filosofica che, nel momento in cui la verità e la conoscenza vengono “requisite” dalla scienza lasciando all’arte solo la bellezza, reagisce unendo il concetto di bello con quello di verità, riabilitando l’arte come produttrice di conoscenza.  © RIPRODUZIONE RISERVATA

mercoledì 11 aprile 2012

Francesca Randi | Viaggio al termine della notte

Le figure silenziose emergono dal buio e si illudono nel buio, attendono la luna  e aspettano l’alba, in un moto perpetuo, nell’attesa che qualcosa cambi. Sono personaggi al limite dell’esistenza, hanno già vissuto mille vite, popolano la notte, scompariranno con i primi raggi del sole, disorientati, insani, con le voglie, i piaceri, trasformati e sconvolti in un mondo rovesciato.  Arriva l’alba, dove con i primi raggi di luce tutto si dissolve, resta un’ evocazione della presenza. Involucri vuoti che vagano dentro stanze antiche. Assenza come condizione costantemente temuta. E poi il paradosso della precarietà dell’esserci.  © RIPRODUZIONE RISERVATA

Francesca Randi_Viaggio al termine della notte

Francesca Randi_Viaggio al termine della notte

Francesca Randi_Viaggio al termine della notte

Francesca Randi_Viaggio al termine della notte

Francesca Randi_Viaggio al termine della notte

Francesca Randi nel 1999 incontra il mezzo fotografico e ne resta folgorata.
Sviluppa uno stile personale, onirico e pensoso, duro e malinconico, con un immaginario fortemente surreale.
L’identità femminile e maschile, l’infanzia e l’adolescenza, il teatro off come fuga dai ruoli convenzionali, il paesaggio notturno in movimento in bilico tra l’incubo quotidiano e la solitudine esistenziale, il doppio e il perturbante: sono alcuni dei temi affrontati da Randi. Attualmente vive e lavora tra Cagliari e Bologna come fotografa e designer e collabora con varie gallerie d’arte italiane ed estere.

Francesca Randi su Celeste.Network

Francesca Randi_Viaggio al termine della notte

mercoledì 4 aprile 2012

Andrea Lunghi | Immagini dell'Equilibrio

"AMNESIA" - "Immagini dell'Equilibio - 2005"
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"COME NUOTARE NEL LIMBO" - "Immagini dell'Equilibio - 2005"
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vinci

"USCITA DALLE MURA (PASSAGGIO VERSO IL CIELO)" - "Immagini dell'Equilibio - 2005"
  
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Forma e sentimento : un difficile equilibrio
Le “immagini dell’equilibrio” presentate da Andrea Lunghi non vogliono raffigurare paesaggi, luoghi, ambienti. Città ed edifici colti negli scatti sono solo un pretesto, gli oggetti fissati sulla pellicola solo materiali visivi con i quali si compongono immagini. Immagini costruite isolando dettagli o che rileggono gli oggetti fotografati tagliandoli, moltiplicandoli, contrapponendoli, trasformandoli in silhouette delicatamente ritagliate, rendendoli forme astratte. Immagini che prendono a spunto di preferenza la città, le sue strade e gli interni dei suoi edifici, proprio per i valori astratti che solo l’architettura possiede; che utilizzano il bianco e nero proprio per la riduzione delle cromie a scale di grigi. Queste immagini danno vita ad un’altra realtà, diversa da quella posta davanti alla macchina fotografica. Non si tratta solo di un gioco di forme. Queste immagini sono prima di tutto paesaggi dell’anima. Quello che Lunghi coglie puntando il proprio obiettivo attorno a sé sono altrettanti autoritratti. Le fotografie documentano non il mondo attorno a noi ma una realtà interiore, evocata attraverso i segni, le masse, i dettagli, le ombre, le luci che ci scorrono continuamente dinanzi nella vita quotidiana, ma che attraverso gli occhi del fotografo, ruotati e bilanciati e contrapposti in composizioni calcolate, acquistano, oltre che un nuovo senso formale, il valore di uno sguardo entro se stesso.
Uno sguardo in cui il rigore con il quale si costruiscono le immagini è sempre appannato da un velo, da un delicato alone di nostalgia, in un difficile equilibrio tra forma e sentimento. © RIPRODUZIONE RISERVATA   www.andrealunghi.it

Gianluca Belli, giugno 2005


"PRECARIO" - "Immagini dell'Equilibio - 2005"
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"LA SCALA DELLA NUOVA ERA" - "Immagini dell'Equilibio - 2005"
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""PAPESSE" - "Immagini dell'Equilibio - 2005"
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"VITA NELLA CITTà DI VETRO" - "Immagini dell'Equilibio - 2005"
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